Dal libro di un famoso storico polacco emergono interessanti dati circa le operazioni del KGB contro Giovanni Paolo II durante il pontificato.
Dopo “Il pontificato delle molte minacce. Giovanni Paolo II alla luce dei documenti dell’operazione ‘Kapella’ 1979-1990″ pubblicato alcuni anni fa dallo storico e giornalista polacco Andrzej Grajewski, un nuovo libro svela documenti dei servizi segreti comunisti ucraini.

Si intitola “Un ardente anticomunista. Il pontificato di Giovanni Paolo II nei documenti del Kgb della Repubblica socialista sovietica ucraina (1978-1991)” di recente pubblicazione e fa un’analisi di ben 40 documenti rinvenuti negli archivi di Kiev.
Il periodo di riferimento va dall’elezione di Karol Wojtyla al soglio di Pietro fino all’anno della dichiarazione di indipendenza dellì’Ucraina.
L’autore ritiene che alla luce della situazione attuale relativa al conflitto russo-ucraino, risulta molto importante conoscere tante dinamiche storicamente rilevanti.
È cosa nota quanto Giovanni Paolo II fosse considerato una forte minaccia per l’URSS e e per tutto il sistema comunista presente nell’Europa Centrale.
Questo libro parte dalle reazioni dei servizi segreti all’elezione di Wojtyla ed è utile per comprendere l’andamento del confrondo ideologico che si è protratto nel corso del primo decennio del pontificato.
Le reazioni e i rapporti con la Chiesa greco-cattolica
Le prime reazioni fortemente negative da parte del KGB sono iniziate quando alla Messa di inizio Pontificato Giovanni Paolo II baciò la mano del cardinale Slipij, arivescovo greco-cattolico di Lviv, allora esiliato.

Questo gesto significò un cambio di rotta della politica vaticana nei rapporti con la Chiesa greco-cattolica e non fu gradito dal pensiero comunista.
Si temeva una preminente mobilitazione dei cattolici in Ucraina e l’URSS decise di correre ai ripari organizzando sistemi di contrasto verso quelle che erano considerate azioni sovversive.
Dal momento che in Ucraina la Chiesa greco-cattolica era viva e attiva il KGB la temeva come propulsore di un nazionalismo ucraino. I cattolici latini invece erano una minoranza e per questo non erano temuti.
Il ruolo di Giovanni Paolo II nella conquista della libertà religiosa in Ucraina
Dopo l’elezione di Giovanni Paolo II tutti i paesi dell’Unione sovietica iniziarono a lottare per il diritto alla libertà di religiosa.
Dalla Lituania si passo all’Ucraina dopo piccole conquiste un passo alla volta nell’ambito della comunicazione e dell’informazioe, è quando nel 1989 Gorbaciov diede libertà alle parrocchie greco-cattoliche di registrarsi secondo una nuova legge, che avviene una svolta con una legalizzazione di fatto.
Nel libro di Grajewski si fa riferimento anche ad un coinvolgimento del KGB nell’attentato al Papa del maggio 1981. Il movente era forte e le attività di contrasto stringenti.
E tutto risulterebbe collegato con la libertà religiosa portata avanti dalla Chiesa greco – cattolica così fortemente sostenuta dal Pontefice.

Il libro contiene anche dettagli emersi dal diario di uno dei capi dei servizi segreti che potrebbero sembrare coincidenze, ma che si rivelano interessanti spunti di riflessione.