San Romualdo: il santo eremita che segnò l’Italia medievale, ispirò generazioni di monaci. Visioni, miracoli e lotte contro il male.

Le sue origini sono nobili, ma preferì il calore di Dio all’agiatezza della sua famiglia. San Romualdo di Ravenna capì ben presto quale strada il Signore gli avevo segnato davanti: la perfezione della vita divina. Fece di tutto per appagarsi di preghiera e mortificazioni.
Entrò nel Monastero di san Apollinare della provincia emiliana ma ne uscì tanto deluso. Il comportamento degli altri monaci non si addicevano alla sua idea di profetizzare sull’esempio di Gesù. Misericordia e Verbo, questo amava comunicare a chi gli si avvicinava.
Decise di fare quello che il cuore gli dettava, si trasferì nella laguna veneta e qui visse come un eremita. Incontrò Marino di cui divenne discepolo e più tardi si unì a un gruppo di nobili, tra cui il doge Pietro Orseolo I, e insieme raggiunsero il monastero di Cuxa, situato sui Pirenei.
San Romualdo: il santo eremita che segnò l’Italia medievale

La santità di San Romualdo fa presto breccia nei cuori di chi incontra e predica bene la parola del Signore. Durante la sua permanenza ai confini con la Spagna, viene a conoscenza del ritorno alla vita normale del padre, fino a poco tempo prima rigoroso monaco a San Severo.
Il religioso farà tappa in molte località per apportare maggiore “successo” al suo eremo e infine sarà chiamato da Ottone III per riorganizzare il Monastero che lo avevo preso in cura nei suoi primi passi della vita mistica: San Apollinare.
Anche questa volta le cose non andranno bene. Il fiscalismo di Romualdo non piace ai suoi fratelli e si dividerà presto da loro. Si trasferisce nella Val di Castro, tra Fabriano e Cingoli, dove costruisce delle celle per sé stesso e per i suoi discepoli.
Ritornerà ancora a fondare conventi fino ad arrivare ai Camaldoli. Lascerà tutto nelle mani di un priore per la sua voglia di ritirarsi alla vita contemplativa.

Romualdo muore santamente il 19 giugno 1027 nel suo monastero di Val di Castro. Quindici anni dopo la sua morte, la sua vita viene scritta da San Pier Damiani, che arricchisce il racconto con visioni, miracoli e lotte con il diavolo, testimoniate dai monaci che lo avevano conosciuto.
Il fraticello che voleva solo mortificarsi per il buon Dio, viene canonizzato verso il 1032 da Papa Benedetto IX.