Secondo studi scientifici, gli ecosistemi della Terra sono a rischio collasso con una data che è prima del previsto.
Sulle riviste Nature Sustainability e The Conversation sono stati recentemente pubblicati studi allarmanti circa gli ecosistemi del pianeta.

Sarebbero vicini alla fine, sicuramente ad un punto di non ritorno, con oltre il 20% di rischio di collassare o di subire grandi trasformazioni.
La Terra sta andando incontro sempre di più a cambiamenti paesaggistici che avvengono in modo rapido e perciò allarmante.
Si parla di punti critici che in diverse zone del mondo sono già stati superati, e in altre il pericolo è prossimo.
Le alterazioni e i picchi dei mutamenti, che non sono graduali, ma bruschi, non favoriscono, anzi danneggiano l’adattamento di flora e fauna.
I danni sono sempre di maggiore intensità e appaiono irreparabili e il grado di devastazione prosegue senza tregua. Vengono definiti tecnicamente “punti critici ecologici “ e hanno preso un’accelerazione sconcertante.
Lo studio e le ipotesi
A capo del team di ricerca che ha effettuato gli studi c’è il professor Simon Willcock del Rothamsted Research. Sono stati presi in analisi i principali ecosistemi della Terra considerando anche che i modelli convenzionali sono basati ora su cambiamenti sostanziali.

Oltre all’amplificazione e all’accellerazione dei punti critici si verifca una forza preoccupante proprio a causa delle connessioni dei sistemi.
Si pensa già alle città che probabilmente potrebbero scomparire da qui an lasso di tempo considerevolmente breve.
Si calcola che più di un quinto degli ecosistemi di tutto il mondo è a rischio di un catastrofico crollo, compresa la foresta pluviale amazzonica.
Il surriscaldamento globale, i cambiamenti climatici e con essi l’innalzamento dei mari, sono diversi aspetti di questo fenomeno che è già in atto.
L’Amazzonia, chiamata “il polmone verde della Terra”, potrebbe non esserlo più. Le Nazioni Unite avevano già lanciato l’allarme ipotizzando come data possibile il 2100.
Ma secondo Willcock e gli altri studiosi il crollo potrebbe arrivare anche con 50 – 60 anni di anticipo. Si osserva che per quanto riguarda l’ecosistema del lago Erhai in Cina, il cui collasso era previsto per il 2050 si è già del tutto esaurito.
Il rischio non è solo per questo specifico luogo, ma per tutti gli ecosistemi lacustri e per moltissime foreste.
Si pensa però anche ad un possibile recupero dal momento che il punto di non ritorno seppure è vicino non è ancora stato oltrepassato.

È necessario un cambio di mentalità in modo da poter gestire in modo migliore, utile e sostenibile le risorse. Bisogna però agire tempestivamente, non c’è tempo da perdere.