Quali sono i peccati capitali? Sono tanti e agguerriti, fanno parte del no alla vita. Da mettere in pratica solo la virtù opposte.

L’elenco dei 7 vizi capitali ha avuto origine nel cristianesimo primitivo, in particolare nell’opera del monaco Evagrio Pontico un religioso asceta e teologo cristiano del deserto. Evagrio scrisse un’opera chiamata “Praktikos” in cui identificò otto vizi principali, noti come “otto pensieri maligni” o “otto logismoi”, che costituivano le radici della corruzione spirituale.
Successivamente, nel V secolo, Papa Gregorio I, anche conosciuto come Gregorio Magno, riprese l’elenco di Evagrio e lo rielaborò riducendolo a sette vizi capitali, nel suo libro intitolato “Moralia in Iob” o “Omeliario”.
L’intento di Papa Gregorio, era quello di fornire una guida pratica per la confessione e la direzione spirituale, identificando i principali ostacoli che gli individui devono affrontare nel loro percorso spirituale. I 7 vizi capitali vennero considerati le radici da cui derivano tutti gli altri peccati e rappresentano gli ostacoli principali da superare per raggiungere la virtù e la santità.
I 7 vizi capitali e la loro origine: nella vita meglio attuare i loro opposti

Da allora, l’elenco dei 7 vizi capitali è diventato parte integrante della tradizione religiosa e morale, influenzando l’arte, la letteratura e la filosofia nel corso dei secoli. Tuttavia, è importante sottolineare che l’interpretazione e l’importanza attribuita ai vizi capitali possono variare tra diverse tradizioni religiose e filosofiche.
I 7 vizi capitali, noti anche come peccati capitali, sono un elenco di comportamenti dannosi che sono considerati le radici dei peccati e delle azioni immorali. Questi vizi sono stati oggetto di studio e riflessione nella tradizione religiosa e filosofica, contribuendo a fornire una guida morale per gli individui.
La superbia è considerata il peccato principale e più grave. Rappresenta un’eccessiva fiducia in sé stessi e un’opinione distorta dell’importanza personale. La superbia porta all’arroganza, al disprezzo degli altri e a una mancanza di umiltà
L’invidia è un sentimento di desiderio o risentimento verso ciò che gli altri possiedono o hanno raggiunto. È la mancanza di gioia per il successo altrui e può condurre alla gelosia, all’ostilità e all’ingiustizia.
La lussuria è l’eccessivo desiderio sessuale o l’indulgenza in comportamenti sessuali immorali. Rappresenta un’appetito insaziabile per il piacere fisico e può portare a comportamenti disordinati e incontrollati
La gola si riferisce all’eccessivo attaccamento al cibo, alla bevanda o ad altre forme di gratificazione fisica. È l’incapacità di moderare i propri desideri e può portare all’ingordigia, all’ebbrezza e all’abuso di sostanze.
L’accidia è una forma di indifferenza o negligenza spirituale. Rappresenta la mancanza di interesse o cura per le cose spirituali e una sorta di pigrizia spirituale. L’accidia può portare alla mancanza di scopo, all’apatia e alla mancanza di impegno.
L’ira è l’emozione dell’ira o dell’odio incontrollato. Rappresenta una reazione violenta di fronte a un’ingiustizia o a un’offesa e può portare all’aggressività, alla vendetta e alla distruzione
La avarizia è l’eccessiva brama di possedere ricchezze materiali o beni. Rappresenta un attaccamento disordinato ai beni terreni e può portare all’egoismo, all’avidità e all’ingiustizia economica.

Questi vizi capitali sono considerati pericolosi perché sono radici da cui possono nascere altri peccati e comportamenti dannosi. La tradizione religiosa e morale incoraggia le persone a riconoscere e combattere questi errori, cercando di coltivare virtù opposte come l’umiltà, la generosità e la pazienza.