Le disposizioni circa la messa in latino del motu proprio Tradizionis custodes di Papa Francesco stabiliscono le possibilità di celebrare nel vetus ordo.
Dal Concilio Vaticano II in poi nella Chiesa Cattolica la messa viene celebrata nel rito chiamato novus ordo missae, con delle modifiche nella liturgia rispetto al precedente e nella lingua corrente del paese in cui si celebra.

La messa in lingua latina ovvero il vetus ordo missae, quindi secondo il rituale preconciliare non è mai completmaente decaduto ed esistono gruppi di fedeli che preferiscono celebrare con quel rito.
Con il motu proprio del 16 luglio 2021 Papa Francesco ha dato delle precise disposizioni che regolano la possibilità di celebrare con il vecchio rito.
Tradizionis custodes è una lettera apostolica pubblicata sotto forma di motu proprio redatta con il dichiarato intento di “ristabilire in tutta la Chiesa di Rito romano una sola e identica preghiera che esprima la sua unità, secondo i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II e in linea con la tradizione della Chiesa“.
I dettagli del decreto papale che regola la possibilità della messa in latino
Al tempo stesso è stata inviata una lettera ai vescovi di tutto il mondo per illustrare le ragioni che hanno portato ad operare un netto cambiamento rispetto al precedente motu proprio di Papa Benedetto XVI.

La decisione è stata quella di “abrogare tutte le norme, le istruzioni, le concessioni e le consuetudini precedenti al presente Motu Proprio, e di ritenere i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, come l’unica espressione della lex orandi del Rito romano“.
Nel documento si stabilisce che spetta al vescovo della diocesi l’esclusiva competenza di autorizzare l’uso del messale romano preconciliare nelle chiese della sua diocesi sempre seguendo le linee guida della Sede Apostolica.
I parroci o i rettori delle chiese non parrocchiali o non conventuali dove c’è stabilmente l’uso di celebrare in rito antico e la presenza fissa di un gruppo di fedeli, non possono decidere da sé ma devono avere l’autorizzazione del vescovo diocesano.
Il vescovo deve accertare che tali gruppi di fedeli non escludono la legittimità e la validità della riforma liturgica così come dei dettami del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Papi postconciliari.
Nel febbraio 2023 il cardinale Arthur Roche, prefetto per il Dicastero del Culto divino, con un rescritto ha ribadito le risposte ai dubia già pubblicate nel dicembre 2021 affermando che le dispense che permettono le celebrazioni vetus ordo nelle chiese parrocchiali sono dispense riservate dalla Santa Sede.
La disposizione è stata presa per regolamentare un uso che suscita divisioni e polemiche all’interno della Chiesa. Come specificato “non vi è alcuna intenzione di emarginare i fedeli che sono radicati nella forma celebrativa precedente: esse hanno solo lo scopo di ricordare che si tratta di una concessione per provvedere al loro bene (in vista dell’uso comune dell’unica lex orandi del Rito Romano) e non di una opportunità per promuovere il rito precedente“.

I dubbi sulle questioni di legittimità del rito si affiancano ai dubbi sulla validità o meno della messa per altre questioni che riguardano il modo corretto di celebrare.