Seveso, il più grande disastro ambientale italiano

Seveso, ricordiamo il più grande disastro ambientale italiano. 47 anni fa la vita degli abitanti sarebbe cambiata per sempre

Seveso, il più grande disastro ambientale italiano
Seveso (Screen da YouTube – riscossacristiana.it)

Quanto accaduto a Seveso nel 1976 è paragonabile, solo in minima parte, a quanto accaduto a Chernobyl. All’interno dell’azienda ICMESA di Meda è fuoriuscita diossina TCDD – ossia una sostanza altamente tossica. Il veleno riuscì ad espandersi anche nei comuni vicini della Brianza. Era un qualsiasi sabato di luglio, quando all’interno del sistema di controllo, il reattore andò in avaria.

L’industria chimica lavorava prodotti farmaceutici: la sua costruzione fu, fin dall’inizio, sempre particolarmente osteggiata e malvista dall’allora primo cittadino il quale voleva fare gli interessi della sua comunità. Sosteneva, infatti, che non fosse il caso che si dovesse vivere ogni giorno a stretto contatto con gas, inquinamento e scarichi.

Il disastro di Seveso, ancora oggi si ricorda come il più famoso disastro ambientale italiano

Il disastro di Seveso
Seveso (Screen da YouTube – riscossacristiana.it)

Tante vero che due anni prima del disastro, nel 1974, il direttore della fabbrica fu anche denunciato per aver reso pericolose le acque pubbliche. Successivamente fu assolto per insufficienza di prove. Ma ritorniamo al disastro di Seveso. Sono le 12:37 del 10 luglio: all’interno della fabbrica qualcosa non va. Il reattore, infatti, inizia ad andare in ebollizione. L’alta temperatura provoca una fusione e l’avaria.

Si viene a creare una nube tossica, ossia TCDD, tra le più pericolose al mondo. Vennero oltre modo colpiti anche i comuni della bassa Brianza: la fabbrica venne chiusa e tutte le zone circostanti furono tempestivamente evacuate per oltre 14 giorni. Questo portò anche alla demolizione di numerose case, all’abbattimento degli animali e alla necessità di distruggere tutti i raccolti.

Seveso, il più grande disastro ambientale italiano
Seveso (Screen da YouTube – riscossacristiana.it)

Secondo le prime testimonianze si è tentato il tutto per tutto per minimizzare l’incidente e in modo particolare furono i lavoratori ad essere tenuti all’oscuro dei fatti. Tanto è vero che molti di loro continuarono ad essere in contatto con le sostanze tossiche. Quali furono le conseguenze? Come si menzionava in precedenza, si rese necessario intervenire drasticamente. Innanzitutto i terreni vennero analizzati e successivamente immessa nuova terra.

Nel giro di 10 giorni vennero evacuati circa 700 cittadini: la maggior parte ebbe la fortuna di poter rientrare all’interno delle proprie abitazioni, mentre per molti altri non fu così. Tante le case abbattute e tante le famiglie costrette al trasferimento. Ingenti i danni anche sulle persone: ricordiamo, infatti, che la maggior parte dei bambini ebbero problemi di dermatite legata all’esposizione al cloro. Senza dubbio, però, è un altro aspetto che ha devastato la comunità.

Non mi riferisco solo ai danni visibili a occhio nudo, ma il fatto che la maggior parte dei cittadini furono avvisati solo in un secondo momento. Rispetto alla fuoriuscita della nube tossica, questi seppero la verità soltanto una settimana dopo, quando venne emanata un’ordinanza del sindaco di allora che “vietava di toccare di ingerire qualsiasi tipo di prodotto ortofrutticolo”.