Dal Vangelo di Matteo, la parabola del seminatore mostra Dio che semina generando la vita in chi sceglie di accoglierla.
Nella XV domenica del Tempo Ordinario nel ciclo A il Vangelo è quello di Matteo. Al capitolo 13 nei versetti dall’1 al 23 è raccontata la parabola del seminatore.

Si tratta della prima delle sette parabole che nel Vangelo di Matteo costituiscono il discorso delle parabole del Regno di Dio.
In primo piano c’è la figura del seminatore. Non è “un” seminatore qualsiasi, ma è “il” seminatore, che rappresenta Dio che semina con semi divini, genera vita in chi la accoglie.
Si può considerare questa parabola anche come una grande metafora della predicazione della Parola di Dio nel corso della Storia.
Descrive il seminatore che getta i semi e passa ad elencare i diversi tipi di terreno nel quale cade la semente e quali sono gli effetti che questo produce.
I tipi di terreno rappresentano le diverse tipologie di persone, di caratteri, di personalità che in modo differente recepiscono e accolgono il seme gettato.
Non tutti corrispondono allo stesso modo, quali che siano le cause alla base, le motivazioni profonde del cuore le conosce solo Dio.
Quel che si vede alla semplice osservazione sono i frutti, le conseguenze di un atteggiamento invece che un altro.
La libera accoglienza del seme gettato
“Il nostro cuore, come un terreno, può essere buono e allora la Parola porta frutto, e tanto, ma può essere anche duro, impermeabile. Ciò avviene quando sentiamo la Parola, ma essa ci rimbalza addosso, proprio come su una strada: non entra” ha affermato Papa Francesco commentando questa parabola.

Ma non c’è soltanto la terra buona e quella cattiva, si sono tante altre sfumature e gradazioni nell’accogliere e come la Parola di Dio e la vita che c’è in essa.
Esiste il “terreno sassoso”, che corrisponde al cuore superficiale, che ha un’adesione non ferma, entusiastica all’inizio, ma dove poi non c’è perseveranza e sopraggiunge la stanchezza che lo fa mollare.
L’amore è incostante e fragile, rimane ad un livello che non scende in profondità e quindi non può affrontare le difficoltà davanti alle quali cede facilmente.
Poi ci sono ” i rovi” nei quali viene a finire il seme e quindi in mezzo agli idoli e ai vizi. Qui non può crescere, svilupparsi e non solo portare frutto, ma neanche sopravvivere.
Se i rovi non vengono eradicati non può esserci spazio per una coltivazione, la Parola di Dio non può trovare accoglienza e viene sopraffatta da un’aridità che la consuma.
È una parabola attraverso cui si entra nella comprensione dei misteri del Regno di Dio, che proprio con un linguaggio figurato Gesù sceglie di renderli accessibili.
La citazione del profeta Isaia con cui il Signore spiega come anche questa parabola può essere recepita rivela come questi misteri non siano facilmente afferrabili da tutti.

Per la libertà dell’uomo avviene che molti “udiranno e non comprenderanno”, perché “il cuore di questo popolo
si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani” afferma Gesù.