Alla ricerca di notizie sulla figura di Ponzio Pilato, il funzionario romano che mise a morte Gesù lavandosene le mani.
È una personalità controversa quella di Ponzio Pilato, l’autorità civile che ebbe l’incarico di decidere sulla sorte di Gesù. Di lui si hanno notizie dal racconto evangelico e gli studiosi sono sempre stati sulle sue tracce per saperne di più su di lui.

Militare romano e alto funzionario, Ponzio Pilato era il prefetto della Giudea sotto il regno dell’imperatore Tiberio. Il suo incarico durò circa un decennio, proprio quello a cavallo con l’anno 33, quando morì Gesù.
Per molto tempo le notizie su di lui erano solo quelle del Vangelo, ma poi, nel 1961 un operaio di Cesarea, in Israele, trovò accidentalemte un’epigrafe romana che riportava la frase “Pontius Pilatus, Praefectus Iudeae“.
Certamente è esistito e è vissuto in quell’epoca. Ma quel che di altro si sa sulla sua figura è davvero molto poco e prevalentemente frutto di ipotesi.
Si pensa fosse di stirpe sannitica, appartenente alla famiglia vestina dei Pontii, e nel periodo in cui fu procuratore della Giudea non aveva la fama di essere molto accondiscendente.
Non apprezzava particolarmente i sudditi che gli erano stati affidati e volle reprimere in modo pesante e deciso alcune rivolte che capitavano in quella provincia.
La figura di Ponzio Pilato dalle fonti rimaste
Come tutti i funzionari di rango minore probabilmente apparteneva all’ordine equestre. Di lui parla Flavio Giuseppe nel I secolo, nelle opere Guerra giudaica e in Antichità giudaiche.

L’episodio che lo vede coinvolto nel processo a Gesù è quanto lo rende famoso ai posteri. Pilato inizialmente si rifiuta di condannare Gesù, non trovando in lui nessuna colpa.
Lui è un pagano, ma percepisce con la ragione che quell’uomo non ha commesso niente che sia da condannare. Forse sotto l’influenza della moglie Claudia, affascinata dalla figura di Gesù, prende le distanze dalla volontà dei Giudei di condannare Gesù.
Per accontentarli e non dar seguito a malcontento e discordie in un primo momento, quando i cpai del Sinedrio gli portano Gesù dopo averlo catturato, si rifiuta di prendere una decisione e li manda da Erode, sovrano del regno di Galilea, perchè sia lui a giudicarlo.
Quando questi lo rimanda indietro e i capi dei giudei continuano a volerlo condannare a morte Pilato ordina solo la flagellazione, come gesto che potesse placare e dar soddisfazione a quegli animi assetati di sangue.
Ma non è così e quando glielo portano nuovamente è significativo il dialogo che ha con Gesù al suo cospetto. Gli chiede di dire qualcosa in sua difesa, come a volerlo aiutare ad uscire da quella situazione.
E davanti al silenzio di Gesù gli dice: “Non mi parli? Non sai che ho il potere di liberarti e il potere di crocifiggerti?“(Gv 19, 10). Allora qui interviene Gesù che gli dice rivolgendosi in latino e non in aramaico: “Tu non avresti alcuna autorità su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto, perciò chi mi ha dato nelle tue mani ha maggior colpa” (Gv 19,11).
Nel breve dialogo poco prima gli aveva chiesto se davvero fosse re come tutti lo chiamano. E alla risposta di Gesù, che gli dice di essere re ma non di questo mondo, di essere nato per “per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce” (Gv 18, 37) Pilato gli fa una domanda particolare.
Gli chiede: “Quid est veritas?” “Cos’è la verità?” (Gv 18,38): la domanda di chi non ha ancora ricevuto il dono della fede.
Decide infine di assecondare la folla che grida “Crocifiggilo” per timore di tumulti, ma sceglie di affermare che non è la sua volontà.

Lo fa con il gesto di lavare le mani per dire che non si riteneva responsabile di quell’uccisione e poi da ordine che facciano come vogliono i giudei. Sembra che in seguito Pilato morì giustiziato da Caligola, o forse suicida dopo esser stato esiliato in Gallia, non si hanno notizie certe.