Sacertote gesuita, San Pietro Claver fu missionario occupandosi degli schiavi e ridando senso e dignità alle loro vite.
San Pietro Claver dedica tutta la sua vita ad una specifica missione: l’aiuto e il sostegno agli schiavi sottoposti alla tratta, portando l’annuncio del Vangelo e facendosi tramite di un incontro con il Signore che restituisce significato all’esistenza e la dignità sottratta.
Nasce a Verdù in Spagna il 25 giugno 1581 in una famiglia cattolica che lo educa alla fede. In età giovanile sente la chiamata al sacerdozio e decide di entrare nella Compagnia di Gesù.
Compie studi filosofici e teologici e poi viene mandato in Colombia a Cartagena. Sarà lì che prenderà i voti e che trascorrerà oltre quarant’anni, tutto il resto della sua vita.
La sua attività di sacerdote è molto intensa e si sviluppa soprattutto in una profonda opera di evangelizzazione. I soggetti destinatari della sua cura sono prevalentemente gli schiavi che vivevano in quell’epoca in quella zona.
L’aiuto che Pietro Claver porta loro è sia materiale che spirituale. Certamente si preoccupa di provvedere ai loro bisogni pratici, ma soprattutto gli sostiene e li conforta, li ascolte e gli annuncia Gesù Cristo.
Con il Vangelo il senso della vera libertà
Evangelizza e tramite la sua azione avvengono molte conversioni. Coloro che sono sottoposti a schiavitù molto spesso non sanno neanche di avere la dignità di esseri umani perché nati e cresciuti secondo un pensiero che l’ha completamente annullata.
Pietro Claver restituisce loro la dignità che il sistema schiavistico gli ha tolto e gli fa conoscere la libertà dell’anima e il valore di ogni persona.
Viene fortemente attaccato per la sua vicinanza agli schiavi, viene accusato di eccessivo zelo, ma lui continua imperterrito nella sua missione.
Come sacerdote si dedica molto ad amministrare il sacramento della Confessione ed è molto amato, la sua fama di santità cresce e si parla di numerosi miracoli avvenuti per sua intercessione.
Si narra che la gente cercava in tutti i modi di avvicinarlo e di prelevare parti del suo vestito da tenere come reliquia.
Quando scoppia una pestilenza non cerca di preservare se stesso ma si prodiga ad aiutare gli altri. In seguito viene contagiato ma sopravvive anche se la malattia lo lascia debole.
Morirà alcuni anni dopo, l’8 settembre 1864 in quella terra che lo ha visto arrivare ancora giovane. Viene beatificato alcuni secoli dopo, nel 1850 e successivamente canonizzato nel 1888 da Papa Leone XIII. Viene inoltre proclamato come “patrono delle missioni tra le popolazioni nere“.